15 luglio 2005





Dico un po' a tutti la stessa cosa, finisco per portare ogni discorso alla conclusione che la guerra e' buona, e poi l'altro annuisce. Per esempio i Zabrinski hanno un album nuovo, un punto a favore della Ankst e della guerra. Invece era forse una vita che non vedevo uno che trattava la chitarra in un modo giusto; M. Ward e' uno di quelli che si comportano da profeta e crano un bisogno di stasi, ossia pace, e l' eventuale maretta che a quel punto rimbomba diventa un fastidio maligno, come un impianto che salta. E' ipocrita anche solo pensare di schierarsi. Nella saletta magazzino del museo, o cosi' mi sembrava, ed eravamo stipati in un locale con cemento a vista nel quale oltre ai bicchieri vuoti erano accumulati reperti di marmo poco interessanti e c'era anche puzza di gesso e luce gialla da diffusore antizanzare, in un locale del genere, con le proporzioni da corridoio della "sala grande" del Covo, si stava molto stretti ma anche abbastanza pochi da essere tutti della stessa opinione, che sarebbe inappropriato desiderare di piu'. E' ipocrita anche solo pensare di allargare la profusione di certa pace. I mezzi informatori che ci mettono la paura del maltempo ci fanno poi stipare in cantine del genere, a me non sembra cosi' male, dividerci in gruppi di cento. E non mi sembrerebbe poi cosi' male, se si pensasse di trarre vantaggio dalla paura delle esplosioni sanguinose, i quali numeri neri sarebbero assai minori se si pensasse di assecondare in modo conveniente l' inevitabile processo. In modo conveniente vuol dire per esempio abbandonare gli anacronismi, se non altro quelli che generano paradossi, e i paradossi generano (e' risaputo, l' ho letto su un libro e l' ha detto anche la tv) esplosioni. E il desiderare la stessa stasi estatica per tutto il mondo segue una logica che ora mi sfugge.

02 luglio 2005



Ho finalmente imparato a vedere i film senza audio. Un consiglio a chi vuole fare i film: guardate i film senza audio, uno a chi vuole vedere come sono belli i film: guardate i film senza audio. Il ritmo e' quello che li fa belli o brutti. A vedere come si muovono le cose e cambiano le scene rispetto al vostro metronomo o al vostro vinile di Tago Mago escono le cose che il regista pensava di notte, spesso l' unico merito che si merita.



Molto tempo prima invece ero nel cortile degli Agostiniani per vedere Medea, accorgendomi con disappunto che i due pianoforti elettrici presagivano tutt' altro sullo schermo e che la varieta' delle mie giornate non permette di avere un chiaro riferimento utile per capire a che punto siamo del mese e verificando che la mia scarsa decina di compagni di visione era tutta seriamente consapevole di essere sul punto di iniziare a vedere invece un film del millenovecentoquattordici, nella versione colorata del millenovecentoventiquattro, accompagnata nelle musiche originali dallo stoico pianista che durante l' anno stanzia nell' albergo della citta' del paese ove ci sia la rassegna di film per motivi tecnici senza audio, a sua volta accompagnato da una signorina che per sua enorme sventura e inspiegabile dovere filtrava i suoi accordi di pianola con il suono dell' organo elettrico, il quale per la durata delle due ore abbondanti abbiamo cercato di spegnere tramite psicocinesi. Pero' questa colonna sonora originale che suonava tremendamente inappropriata e' finita ad un certo punto col doppiare il tenero effetto di ridicolo della scena in cui la folla pagana esce correndo dal tempo futurista.
Insieme pero' ci sono quelle scene, su tutte l' etna che esplode e i cittadini illuminati di rosso che corrono sul sentiero, che tali e quali sono rimaste per essere incollate nelle pellicole del secolo dopo e che per la prima volta si riescono a trovare spaventose e commoventi visto che sono impedite nel citazionismo dall' essere quelle primitive. Chissa' quanto bisogna aspettare perche' ricapiti ancora un po' di poetica originaria. Pastrone incauto ed egoista, che da allora montare la macchina da presa su una rotaia oltre ad indifferente puo' solo essere odioso.

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