02 novembre 2007

toten Lieder

Mi è stato detto, con sicura cognizione di causa, di considerare, in mancanza d'altro, il formarsi di aggregati di senso fra le azioni, mie, che mi paiono le più futili e, avendo cura di tacerne la natura eventualmente artificiosa, non preoccuparmi di nulla e goderne le comprovate gratificazioni.
Più per fede che per ragionamento, ho dunque proceduto siccome predetto, finendo per avvistare come prima cosa un'accidentale sequenza di biografie su un recente e per nulla polveroso comodino. Di una certa simpatia, inoltre, è la serie di occorrenze costituita dalle rispettive tre conclusioni.

Si riaddormenta, dieci giorni dopo muore, gli mettono addosso il frac, gilet bianco, collo rigido ad aletta, papillon bianco, guanti chiari, non lascia testamento, non restano né immagini filmate, né registrazioni della sua voce.
(Ravel, Jean Echenoz, 2006)

A mezzanotte Lombroso si sveglia di soprassalto. E' sudato fradicio. Si sente male. Crampi sospetti all'altezza dello sterno. Con un filo di voce, reclama un po' di brodo. Nina cerca di imboccarlo, si accorge che non può più deglutire. Spaventata, fa chiamare le figlie dai generi: ma quando Paola e Gina arrivano di corsa, Lombroso sta dormendo nuovamente. Ha un respito calmo, regolare, tranquillo, come non gli accade ormai da molti anni. Il respiro a poco a poco si fa più rado, s'increspa, si frange - poi alla fine, senza un moto, un sussulto, il cuore si dissolve all'improvviso e il respiro si spegne silenzioso, per sempre.
(L'atlante criminale, Luigi Guarnieri, 2000)

Frattanto, un'abbondanza di delizie, una gioia sovrumana scendeva come un'inondazione nell'animo di Giuliano in estasi; e colui le cui braccia lo stringevano sempre cresceva, cresceva, toccando con la testa e con i piedi i due muri della capanna. Il tetto volò via, il firmamento si spiegava; e Giuliano salì verso gli spazi celesti, faccia a faccia con Nostro Signore Gesù, che lo portava in cielo.
(La leggenda di San Giuliano l'Ospitaliere, Gustave Flaubert, 1877)

L'evento di routine quivi narrato e che, confesso sinceramente, mi appare solo ora come tema festivo, è, come di prassi, rivestito graziosamente di luce ed accettabilità. Ravel in particolare, è costituito, più che da una breve biografia, da una lenta e leggera cronaca di morte. Le minuziose giustificazioni della fine sono elencate sottoforma di colletti di camicie tenui, gradi sommessi di inclinazione all'affabilità, gestione dell'imbarazzo, denti nuovi e altre simili apparenze. Diversamente dall'immediato suggerimento del titolo, l'unico personaggio vero è l' insoffribile pianista monco Paul Wittgenstein.
Lombroso, al contrario di Ravel, non solo lascia qualcosa di sè, ma si dona tutto alla scienza. Ossa, cranio, membra, visceri, cervello, passioni, moglie, fratelli, amici, pazienti, scritti, cronache famigliari, compresenze storiche, lezioni universitarie, viaggi, osservazioni ed esprimenti sono tutti conservati in recipienti di vetro ed immersi nel liquido conservativo. E, in questo caso come in pochi, la mera elencazione dei fatti avanza il necessario a costituire una delle letture più spassose dell'ultimo decennio almeno.
Pur non carente di ironia è l'agiografia che Flaubert si è rigirato fra le mani per trent'anni, e in cui non si contano scene splatter degne del cinematografo. L'assunzione in cielo di Saint Julien che pone fine all'incessante zoocidio non può che essere sentita come una geniale e risolutiva mossa sarcastica del Divino; e il merito qui, è ancora quello di mettere sulla carta dov'era-com'era, la successione di eventi che, nella sua indiscutebile apparenza obiettiva, permette l'agognato superamento della barriera censoria e consente finalmente di farsi belle risate a spese dei morti.

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