18 giugno 2005



Il progetto di relegare ogni cosa che abbia a che fare con persone diverse da me alle tre ore di lavoro giornaliere sta avendo i soliti inconveniente sospetti sulla mia salute, anche se io mi sento sempre meglio. Sono andata a votare anche; quello che mi sembrava esteticamente piu' accettabile, figuriamoci altrimenti. E pensare che dovrebbero arrestarmi, aspettarmi fuori dai seggi e farmi una multa, ma me la cavo benissimo grazie a questa cosa della liberta' di pensiero, che non ho mai provato a capire bene cosa ci azzecchi con tutte le altre cose messe insieme. Il vigile urbano dice al tizio che butta la cicca per terra che se lo facessero tutti non si vivrebbe piu' tanto bene, e se tutti votassero com'e' piu' comodo per loro, per i loro affari personali, beh uguale, non si puo'. E di questi tempi non si puo' costringere le persone ad avere un' opinione e dare loro la parola allo stesso tempo, bisogna decidere, l' abuso della doppia negazione e' sempre quello dei danni memorabili; e scommetto che la prossima volta sara' per decidere se togliere o meno la fluoxetina dagli acquedotti, come fanno in Inghilterra.
Poi pero' il contare a gruppi di centinaia gli scatti dei rullini che mi portano non mi aiuta, mi sembrano le costosissime e lucide dimostrazioni che quelli guardano quello che proprio io non vedo. La cosa davvero nuova (oltre al metodo per srotolare il film inceppato con il nastro biadesivo) e' l' esperienza pratica dell' esistenza della gente che mi sta intorno, nelle reali e non piu' mitiche percentuali.
Se poi pero' mi capita di demoralizzarmi, dopo la delusione delle mie presunte ed entusiasmanti scoperte che evidentemente risentono della mancanza di qualsiasi informazione riguardante il progresso esterno, penso al fatto che probabilmente la Pixar continui a non avere un' idea chiara di cosa facessero Karel Zeman e Charlie Bowers mezzo secolo fa.

03 giugno 2005



Qualche tempo fa, sulla strada di casa, io e Geremia (mio consulente ufficiale in materia di teorie della razza e letteratura pre-postmoderna) scoprivamo di condividere un recente quanto significativo entusiasmo per la collana praghese della e/o, o quel che ne era rimasto. Un giorno poi ho trovato la vecchia edizione "carta da parati" di "Ho servito il Re d'Inghilterra" alla bancarella dei libri che mi si e' affezionata, e mi fa i regali purche' continui a portarle via i fondi. Gerri era molto invidioso, lui non apprezza quei nuovi metodi colorati di vender coste numerate; avrebbe preferito vivere ai tempi del rapporto inverso fra contenuto e rigidita' della copertina.
A dispetto dell' entusiasmo poi, quella stampa rosso bordeaux ha finito per subire un malsano periodo di latenza invernale, per motivi tutt' ora sconosciuti, percio' indegni.
Arrivata pero' l' eterea stagione vuota ho preso coscienza del fatto che Hrabal richiede in modo chiaramente implicito un po' d'anima (ho da poco imparato, dai dibattiti referendari, che e' unanimamente riconosciuta l'esistenza di un' anima e che tutti ce l' hanno, almeno un po') non per essere iniziato e terminato ma per procedere avanti in ogni interminabile frase. Col passare del tempo ci sono pagine che ricompensano con la stessa moneta, come quelle commoventemente fitte sui piccioni. E' un modo straordinariamente elaborato (e di sicuro appare esagerato, quasi inutilmente esagerato) di dimostrare l' esistenza di menti con una sproporzionata sensibilita' estetica che si manifesta costantemente in ogni loro mossa, e senza che nessuno abbia la possibilita' di prenderne atto. Ditie e' uno di questi ed ha una vita, una personalita' e una statura insignificanti. La prosa ostica e scoraggiante (l' autore finisce con il dare la colpa al "sole violento dell' estate" che gli impediva di guardare i fogli di carta "di un bianco accecante" e di avere un controllo su quello che scriveva) pero' costringe a capire quello che non ci si sente autorizzati a capire perche' troppo piccolo e troppo particolare; nell' insieme e' possibile che tutto appaia sconvolgente. Procedendo cosi' la narrazione finisce per illuminare la Storia di una luce insolitamente chiara, tanto da subire in patria una censura editoriale lunga undici anni.
Jiri Menzel invece e' uno altrettanto praghese, che pero' fa i film. La sua fonte ufficiale sono i romanzi di Hrabal, e forse fino a qualche anno fa, prima che si sporgesse troppo per cibare i piccioni dal quinto piano dell'ospedale, lo andava a trovare mentre stava alla "Tigre dorata" a bere con altri vecchi.


Il suo primo film, tratto da "Treni strettamente sorvegliati" gli fa disgraziatamente vincere un' Oscar nel 1966, ma mi costringe anche ad avere molta fiducia nella trasposizione di "Ho servito il Re d' Inghilterra" che ha appena presentato a Cannes (e che probabilmente necessitera' di bizzarri espedienti per essere visto prima o poi da queste parti).

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