03 giugno 2005



Qualche tempo fa, sulla strada di casa, io e Geremia (mio consulente ufficiale in materia di teorie della razza e letteratura pre-postmoderna) scoprivamo di condividere un recente quanto significativo entusiasmo per la collana praghese della e/o, o quel che ne era rimasto. Un giorno poi ho trovato la vecchia edizione "carta da parati" di "Ho servito il Re d'Inghilterra" alla bancarella dei libri che mi si e' affezionata, e mi fa i regali purche' continui a portarle via i fondi. Gerri era molto invidioso, lui non apprezza quei nuovi metodi colorati di vender coste numerate; avrebbe preferito vivere ai tempi del rapporto inverso fra contenuto e rigidita' della copertina.
A dispetto dell' entusiasmo poi, quella stampa rosso bordeaux ha finito per subire un malsano periodo di latenza invernale, per motivi tutt' ora sconosciuti, percio' indegni.
Arrivata pero' l' eterea stagione vuota ho preso coscienza del fatto che Hrabal richiede in modo chiaramente implicito un po' d'anima (ho da poco imparato, dai dibattiti referendari, che e' unanimamente riconosciuta l'esistenza di un' anima e che tutti ce l' hanno, almeno un po') non per essere iniziato e terminato ma per procedere avanti in ogni interminabile frase. Col passare del tempo ci sono pagine che ricompensano con la stessa moneta, come quelle commoventemente fitte sui piccioni. E' un modo straordinariamente elaborato (e di sicuro appare esagerato, quasi inutilmente esagerato) di dimostrare l' esistenza di menti con una sproporzionata sensibilita' estetica che si manifesta costantemente in ogni loro mossa, e senza che nessuno abbia la possibilita' di prenderne atto. Ditie e' uno di questi ed ha una vita, una personalita' e una statura insignificanti. La prosa ostica e scoraggiante (l' autore finisce con il dare la colpa al "sole violento dell' estate" che gli impediva di guardare i fogli di carta "di un bianco accecante" e di avere un controllo su quello che scriveva) pero' costringe a capire quello che non ci si sente autorizzati a capire perche' troppo piccolo e troppo particolare; nell' insieme e' possibile che tutto appaia sconvolgente. Procedendo cosi' la narrazione finisce per illuminare la Storia di una luce insolitamente chiara, tanto da subire in patria una censura editoriale lunga undici anni.
Jiri Menzel invece e' uno altrettanto praghese, che pero' fa i film. La sua fonte ufficiale sono i romanzi di Hrabal, e forse fino a qualche anno fa, prima che si sporgesse troppo per cibare i piccioni dal quinto piano dell'ospedale, lo andava a trovare mentre stava alla "Tigre dorata" a bere con altri vecchi.


Il suo primo film, tratto da "Treni strettamente sorvegliati" gli fa disgraziatamente vincere un' Oscar nel 1966, ma mi costringe anche ad avere molta fiducia nella trasposizione di "Ho servito il Re d' Inghilterra" che ha appena presentato a Cannes (e che probabilmente necessitera' di bizzarri espedienti per essere visto prima o poi da queste parti).

2 Commenti:

Blogger francesca dice...

l'epoca del rapporto inversamente proporzionale fra contenuto e rigidità della copertina è stata definitivamente freddata dall'invenzione del Meridiano. Roba buona solo per guardarci in trasparenza. (E se non erro ce n'è pure uno dedicato a Hrabal)

14:17  
Anonymous Anonimo dice...

> nell' insieme e' possibile che
> tutto appaia sconvolgente.

Il punto di vista ossessivo e particolare spesso e' l'unico modo per convincerci di questa possibilita', che poi e' la possibilita' stessa di pensare allo spirituale nelle cose. Il fatto che questa apertura sia legata alla "chiusura" del quadro e' un paradosso solo apparente.

16:29  

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