16 luglio 2006






I Gorky's Zygotic Mynci si sono sciolti come un ghiacciolo abbandonato sul balcone in un pomeriggio di mezza primavera (per quanto considereremo di poca importanza la cosa della quale ci eravamo dimenticati, non basteranno mesi di candeggina a farci sentire la colla sotto i piedi ogni volta passiamo sopra). Vorremmo tutti dire che non avrebbero superato un'altra estate, ma lo diremmo solo perchè quando siamo commossi parliamo in versi e la vera verità è che non ce l'aspettavamo. Intimoriti ed ansiosi, senza far domande nè lamentele, proprio come quando da piccoli non si può dar retta al sentore di genitori separati. E' una possibilità in cui non ci si può credere: la riorganizzazione autonoma delle nostra fondamenta. E seppur, poggiandoci una mano sulla testa, ci venga assicurata una quantità di di supporto affettivo uguale o maggiore, tentiamo invano di spiegare che il nostro sconcerto ha natura ben differente: se le mie ossa si scambiassero di posto, sarei sempre io?
Eppure sembra ovvio quanto rigide sono le norme e prevedibili le dinamiche di gruppo: se si è da soli non si è più insieme; non serve dirlo, perchè questa violenza? Renderci il cuore debole con le canzoncine in modo da spezzarlo con un solo tentativo e diventare leggenda nel minor tempo possibile: sono forse tornati ad essere dei punk cattivi o c'è sotto qualcosa? Come dicevano coloro che in questi giorni stanno illegittimamente saturando l'etere (perchè Whish You Were Here e non Bike? Serve per forza un'opera sinfonica per morire?): soldi!
Ma non sarebbe giusto se le lacrime dei fanatici portassero sulla cattiva strada . Quindici anni, nove dischi ed un notevole contributo al restauro dell' estetica musicale degli anni '90 non possono che trarre giovamento da una chiusura bella come un inizio. Ben pochi possono vantarsi di portarsi appresso una carriera musicale che già così presto può essere osservata complessivamente, e in questo caso la possibilità di dedicarsi del tutto alla ricostruzione filologica di questa genera un sentimento di conforto che ripaga di ogni danno.
L'inizio della fine, decisamente priva di spettacolarità, sembra andare secondo i presunti piani e qualche sparuto ma devoto tributo è immediatamente comparso sulla rete e sull'etere. Cymru Radio ha dedicato un'intera puntata (purtroppo ora non più reperibile, ma ci sto lavorando) di un suo programma alla band, con una selezione di pezzi preistorici che ha commosso anche chi, come me, non è esattamente in grado di decifrare la lingua gallese dell'intenso speaker. BBC e Pitchfork si impegnano in degni elogi, il resto del mondo continuerà a vivere la propria vita fino al revival del 2018.

Diolch.

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