15 luglio 2005





Dico un po' a tutti la stessa cosa, finisco per portare ogni discorso alla conclusione che la guerra e' buona, e poi l'altro annuisce. Per esempio i Zabrinski hanno un album nuovo, un punto a favore della Ankst e della guerra. Invece era forse una vita che non vedevo uno che trattava la chitarra in un modo giusto; M. Ward e' uno di quelli che si comportano da profeta e crano un bisogno di stasi, ossia pace, e l' eventuale maretta che a quel punto rimbomba diventa un fastidio maligno, come un impianto che salta. E' ipocrita anche solo pensare di schierarsi. Nella saletta magazzino del museo, o cosi' mi sembrava, ed eravamo stipati in un locale con cemento a vista nel quale oltre ai bicchieri vuoti erano accumulati reperti di marmo poco interessanti e c'era anche puzza di gesso e luce gialla da diffusore antizanzare, in un locale del genere, con le proporzioni da corridoio della "sala grande" del Covo, si stava molto stretti ma anche abbastanza pochi da essere tutti della stessa opinione, che sarebbe inappropriato desiderare di piu'. E' ipocrita anche solo pensare di allargare la profusione di certa pace. I mezzi informatori che ci mettono la paura del maltempo ci fanno poi stipare in cantine del genere, a me non sembra cosi' male, dividerci in gruppi di cento. E non mi sembrerebbe poi cosi' male, se si pensasse di trarre vantaggio dalla paura delle esplosioni sanguinose, i quali numeri neri sarebbero assai minori se si pensasse di assecondare in modo conveniente l' inevitabile processo. In modo conveniente vuol dire per esempio abbandonare gli anacronismi, se non altro quelli che generano paradossi, e i paradossi generano (e' risaputo, l' ho letto su un libro e l' ha detto anche la tv) esplosioni. E il desiderare la stessa stasi estatica per tutto il mondo segue una logica che ora mi sfugge.

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