15 dicembre 2006

Die Vermessung der Welt

Questo è il best-seller che Gerri m'ha fatto leggere. E' la storia di due personaggi deboli e teneri, ma ci si può ingannare, pensando che lo fossero anche allora. Sicuramente Daniel Kehlmann ha sorvolato sul fatto che i lettori, compratori, l'avrebbero pensato. Non saprei questo quanto prurito gli sia costato, ma vorrei pure pensare che sia stato poco e breve, visto che mi è venuto da credere nella sincerità della sua leggerezza (è la versione ottimista che non consiglio perchè comunque viene da sè, ed è questo lo stratagemma: scrivere come se fosse venuto da sè, mentre è venuto veramente da sè).
Vogliate scusarmi, ma ho un certo riserbo nel tirare in ballo il ruolo che la comparsa di alcuni oggetti nell'intreccio ha nella fascinazione dell'insieme e dunque, anche 'che in questo caso sarebbe particolarmente vergognoso, non lo faccio.
La narrazione ottiene lo spasso spacciandosi, appunto, per la parodia dello svolgimento di una funzione, tanto che in più punti si pensa che il gioco stia per terminare, ma invece non termina e non riparte, come la parodia di una fuga dall'incubo dell'approssimazione.
E dunque si fanno beffe di Carl Friedrich Gauss appena dopo averlo ritratto indifeso, come se si potesse coprire solo dietro una coltre di Disquisitiones, insieme risibile e lodevole, nel caso in cui si tenti un equilibrio fra quest'epoca e quell'altra.
Humboldt è blasfemo e melvilliano, e insieme è blasfemo il suo ritratto (ed anche questo temo sia costato, addirittura in coppia con una macchietta e altre barzellette, i giornalisti coi baffi, il cane fantasma).

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