24 agosto 2005







Per il resto sono vibrazioni d'ambiente, le stazioni radio che si pensa di intercettare per sbaglio, un certo numero di canzoni distribuite per dare un senso di liberta' alla forza motrice del turismo, e che pur credendo di poterle filtrare con pacata tranquillita' arrivano puntualmente a catalizzare il processo di veglia sempre piu' fuori luogo. Criteri inconsci le ripropongono a pezzetti riproposti in loop supersonici, che aumentano di volume quando si concede a loro un attimo di attenzione per capirne la natura e poi disintegrarli, ma non succede quasi mai, e il piu' delle volte finiscono sovrastati. Un inferno. Perche' e' possibile? Posso chiedere dei soldi?
E siccome in questa citta' siamo a corto di controparte, l' etere e' saturo di proposte che vanno alla grande, io passo il momento della giornata in cui ho sempre creduto la gente si metta a dormire per mezz'ora spegnendosi magicamente in cinque secondi davanti alla televisione a scaricare alcuni podcast affezionati, spesso registrati su luoghi tropicali e con Kokomo come sigla di chiusura, o eterni monologhi di nippo-americani che raccontano sottovoce la giornata di ieri. Sono andati al mercato e hanno trovato Nat King Cole in un vinile un po' rotto, hanno queste espressioni in cui spesso ribaltano il soggetto in una mossa agile e semi-indifferente, sempre sottovoce, e l' hanno comprato perche' la nonna lo adorava. Poi vanno a bere un bicchiere d' acqua e quando tornano dicono "ora ve lo faccio sentire".
Mi piace broadcastatic. Dura piu' di due ore e anche qui, con un tono pacato e notturno, si parla di musica inesistente con un sottofondo di registrazioni a fedelta' sommersa di una passeggiata con il cane, un corso di francese, spiaggia al mattino presto, auto che sfrecciano dal canale sinistro al destro. Ogni tanto ci si ferma e si fanno sentire opere di campionamenti taglia e cuci, dj virtuosi del citazionismo, intermezzi di Shoeberg, Tchaikovskij passato da sette registratori.
Alla meta' e' possibile che perda il filo, il parlato scivola e rimangono i termini salienti o i nomi familiari, dimentico cosa sto facendo, mi accorgo che le cuffie a letto sono scomode, si puo' solo stare appoggiati sulla nuca, non vorrei mai che si pensasse che stia tentando una pratica di rilassamento zen. Poi, per esempio, in un fortuito stato semicosciente e' possibile che arrivino i People Like Us a fare tempesta. Con una marea di rimandi spavaldi che turbano la nostalgia di chi non capisce ancora bene dov'e' e cosa sta ascoltando, ma a quel punto, con quattro secondi di Elvis, s'e' gia' svegliato.
Mi ricordo che a quel punto mi e' venuto in mente un saggio di Karlheinz Essl.
Sbagliamo a lamentarci di questa condizione, che ci sembra tanto statica da raggiungere a malapena l' accettabilita' estetica, nella quale abbiamo, in realta', una sterminata liberta' di composizione. Siamo intimoriti e ci rifugiamo nell' eredita delle categorie artistiche tradizionali, e quando di questo ci vergognamo, cominciamo a trattarle come materiale scomponibile, con teatrale disprezzo e altrettanto inconsistente amore per il futuro. Accenni all' Opera Aperta. Ora che abbiamo superato la condizione operaia abbiamo tempo da dedicare all' arte dell' interpretazione, spenderci delle mezz' ore, lasciarci andare sulla poltrona come faceva negli anni '50 il capofamiglia, dopo aver messo un po' di be bop sul grammofono.
Poi si e' passati ai suoni lontani, perche' la nanotecnologia era ancora alle strette, in modo che la gente si cominciasse a chiedere cos'e'. Nel frattempo e' nato e morto Luc Ferrari.

1 Commenti:

Anonymous Anonimo dice...

La foto di un sosia di massimo coppola non ti fa certo fare una bella figura. r

14:28  

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