10 maggio 2005

Nei momenti in cui si riesce ad osservare per un istante lo stato generale delle cose nel mondo, io mi trovo ogni volta a sorprendermi del segno piu' evidente del ritorno alla preistoria, cioe' l'attaccamento morboso di tutto il mondo alla musica pop. A pensarci e' sconvolgente. Almeno il 90% della musica suonata ai nostri tempi e' musica pop (il progresso della letteratura e' quasi parallelo, ma e' molto meno affidabile come cartina tornasole, visto che si puo' ben decidere di farne a meno). E' meglio dire, siccome non ci sono termini adatti, che non intendo musica da intrattenimento, ma tradizionalmente priva evoluzioni significative e di evasioni da uno schema fisso, che e' di base quello che vende e continua a vendere (non e' cambiato nulla dai Elvis agli Arcade Fire). A dirlo, so, non fa poi cosi' paura, sembra tutto piuttosto ovvio.
Ma finisce di essere ovvio se si prende per intero la vita della musica, che e' lunga come quella dell'uomo. Ma non serve, basta un secolo, anzi un po' di piu', con due e' gia' tutto piu' chiaro. Ai tempi di Mozart il quasi totale della musica eseguita poteva considerarsi avanguardia, o almeno "musica nuova".
Secondo Stockhausen, il nemico della buonanotte auricolare, in una societa' spiritualmente progredita la percentuale di "musica nuova" prodotta dovrebbe essere almeno del 75%.



Una volta io pensavo che gli Autechre fossero Mozart, un'idiozia che puo' ben pensare chi e' impegnato ad escludere il mondo esterno dal proprio processo di crescita. Ma d'altronde le dimensioni del fenomeno che sostituisce la qualita'o la novita' con l'aderenza all'hype (o l'abilita' nel crearne una) e' decisamente sottovalutato o forse, un po' sembra, c'e' una sorta di comune accordo nel non menzionarle.
Ora non mi viene in mente qualcosa che ne sfugga, e in effetti questo promette bene. La bedroom music, la fine degli studi di registrazione e delle label sembrano solo un passaggio verso una ideale produzione che rende il pubblico sempre piu' selezionato e ristretto, fino a coincidere con l'artista, finalmente libero come vorrebbe. Pensando ancora un puo' a cosa potrebbe "sfuggirne" mi era tornato in mente Phil Niblock a Netmage, durante la sua performance l'80% della platea era sprofondata nel sonno; giusto per confermare la necessita' del non possedere un pubblico (assieme a quella di avere dei paganti, ma questa e' una raro caso di conciliazione).
Le solite disastrose conseguenze della pigrizia. Io non so perche' sia cosi', finisco di pensarci.
[a Carlo Minucci il merito di aver sparato flash negli occhi di Sean Booth e Rob Brown per tre quarti d'ora, impedendo loro la orribile visione del pubblico danzante nel nuovo cementoso tempio dei suoni sintetici].

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