24 marzo 2005



L'altro Anderson invece si' che sa come si rappresenta il mondo. Si puo' ben avere il coraggio di vendere gli accostamenti originali che vengono in mente sotto la doccia o giocando a dadi, come hanno fatto tanti di quelli meritevoli di ammirazione, ma la onnipresente e nauseante nota stonata delle produzioni egregie di questi ultimi cinque anni continuera' ad esserci se non ci si affretta a levare gli stivaletti infangati dalle sabbie mobili del XX secolo.
Ho sperimentato che si fa molto presto anche ad assumere come alibi la logica inevitabile che porta noi terrestri della nuova era ad esser carenti di personalita' definitiva e a farsi trasportare dolcemente dell' indulgenza nei confronti dell' arte che approfitta del giustamente legittimo diritto alla citazione per deturpare il passato e trucidare anche il fascino nostalgico piu' sincero.
E' difficile invece trovare qualcuno che sceglie come supporto una tela bianca. Certe volte si dichiara di farlo ma ci si trova davanti a della stoffa effetto invecchiato, piu' giallina che candida, come i jeans da comprare gia' consumati che vogliono vendermi in tutti i modi.
Wes Anderson dovrebbe avere il diritto di usare la violenza contro i censori che parlano di miscuglio di generi, bizzarri personaggi, forma ridondante, capitan findus, grandi e piccini.
Ovviamente la stessa indulgenza di cui sopra e' arrivata l'ora di usarla verso di loro, che sono ancora un po' costretti a maneggiare strumenti da considerare sofisticati solo per gli oggetti piu' vetusti e che usati su "Le avventure acquatiche di Steve Zissou" stimolano inevitabilmente il ridicolo.
Qualcuno ha cercato di elogiarmelo raccontandomene la trama, ma il paradosso era palese e siamo finiti a ridere e a pensare.
Le cose che ci hanno commosso alle lacrime erano rifiniture e momenti che durano centesimi di secondo, e per questi non abbiamo ancora il linguaggio adatto abbiamo pensato, chi ce l'ha teme di abbassarsi usandolo per un film su capitan findus.

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