(ontem como hoje)
Alle otto e un quarto l'ultimo giorno di festival eravamo in diciassette, sorpresa. Ho preso il caffè e poi l'ho rovesciato con un piede sulla moquette in sala mentre cercavo una posizione comoda. Quando so di stare per vedere un film di un ultranovantenne con un titolo pomposo di solito cerco di una posizione comoda, contando che probabilmente non avrò il coraggio di recupare il sonno proprio in quei centoventisette minuti. O quasi non ci ho pensato affatto a cosa avrei visto, mi sono accomodata piuttosto nel pregevole vantaggio di vedere i film appena usciti dalla fabbrica, senza che abbiano addosso un prototipo di scheda filmup. Quindi quei centoventisette minuti li passo ad occhi aperti e brucianti, visto che i dialoghi interminabili e il cavalletto eternamente incastrato mi si rivelano tutt'altro che onirici, il portoghese preciso e i passi contati vanno tutti bene, pensavo, è prima di tutto un piacere da vedere e da sentire, quello che ci vorrebbe ogni mattina (peccato per il caffè). Ma la lucidità scarsa mi lascia in stato di attesa per tutto il film, un attesa che non centra nulla, sarebbe da capirlo subito, perchè nulla accade.
Il sedicesimo Re del Portogallo è diventato tale troppo presto, quasi ci è nato, non solo con il titolo, ma con una certa agitazione nel sangue difficile da calmare nella sua posizione. E la sua posizione, meglio di così non potrebbero farmelo vedere, è sostanzialmente seduta sul trono che padroneggia il punto di fuga, in una stanza in penombra quanto basta per non rivelare l'ora del giorno. Si potrebbe anche non essere in Portogallo, chi mi dice che siamo in Portogallo? Prima della fine decreto la penombra il mio ontem como hoje , un chiaro: ci sono il castello e i colletti arricciati perchè faccio cinema, ma tolti quelli ne rimane la stasi da situazione ristagnante, la ridicola vocazione alle imprese epiche, ora come allora, qua come ovunque.
Non conoscevo la storia del Re Sebastiano, non sapevo che avesse infervorato tanto i portoghesi da far sì che questi lo aspettassero secoli dopo la sua morte e disfatta in una missione-suicidio in Marocco, ma anche ora che lo so ho l'impressione che poco importi. O almeno a poco sarebbe servito durante i titoli di coda, senza caffe' e senza piu' gli occhi eravamo tutti sicuri (e zitti) di aver visto una realistica descrizione di quei poco divertenti momenti sospesi fra attesa e nostalgia e di cui tutti parlano, ma di cui solo chi e' vecchio quasi come il cinema sa parlare con chiarezza.
Alle otto e un quarto l'ultimo giorno di festival eravamo in diciassette, sorpresa. Ho preso il caffè e poi l'ho rovesciato con un piede sulla moquette in sala mentre cercavo una posizione comoda. Quando so di stare per vedere un film di un ultranovantenne con un titolo pomposo di solito cerco di una posizione comoda, contando che probabilmente non avrò il coraggio di recupare il sonno proprio in quei centoventisette minuti. O quasi non ci ho pensato affatto a cosa avrei visto, mi sono accomodata piuttosto nel pregevole vantaggio di vedere i film appena usciti dalla fabbrica, senza che abbiano addosso un prototipo di scheda filmup. Quindi quei centoventisette minuti li passo ad occhi aperti e brucianti, visto che i dialoghi interminabili e il cavalletto eternamente incastrato mi si rivelano tutt'altro che onirici, il portoghese preciso e i passi contati vanno tutti bene, pensavo, è prima di tutto un piacere da vedere e da sentire, quello che ci vorrebbe ogni mattina (peccato per il caffè). Ma la lucidità scarsa mi lascia in stato di attesa per tutto il film, un attesa che non centra nulla, sarebbe da capirlo subito, perchè nulla accade.
Il sedicesimo Re del Portogallo è diventato tale troppo presto, quasi ci è nato, non solo con il titolo, ma con una certa agitazione nel sangue difficile da calmare nella sua posizione. E la sua posizione, meglio di così non potrebbero farmelo vedere, è sostanzialmente seduta sul trono che padroneggia il punto di fuga, in una stanza in penombra quanto basta per non rivelare l'ora del giorno. Si potrebbe anche non essere in Portogallo, chi mi dice che siamo in Portogallo? Prima della fine decreto la penombra il mio ontem como hoje , un chiaro: ci sono il castello e i colletti arricciati perchè faccio cinema, ma tolti quelli ne rimane la stasi da situazione ristagnante, la ridicola vocazione alle imprese epiche, ora come allora, qua come ovunque.
Non conoscevo la storia del Re Sebastiano, non sapevo che avesse infervorato tanto i portoghesi da far sì che questi lo aspettassero secoli dopo la sua morte e disfatta in una missione-suicidio in Marocco, ma anche ora che lo so ho l'impressione che poco importi. O almeno a poco sarebbe servito durante i titoli di coda, senza caffe' e senza piu' gli occhi eravamo tutti sicuri (e zitti) di aver visto una realistica descrizione di quei poco divertenti momenti sospesi fra attesa e nostalgia e di cui tutti parlano, ma di cui solo chi e' vecchio quasi come il cinema sa parlare con chiarezza.
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