06 agosto 2004

(by pressing down a special key it plays a little melody)

Era giunta l'ora di decretare il libro-svago della settimana, una decisione ardua piu' a farsi che a dirsi. Questa volta pero'gli occhi appannati dalla temperatura febbrile che saliva dall'asfalto e che bruciavano per l'aria condizionata si sono naturalmente fermati sulla copertina piu' rossa di tutte. Non ho mai fatto troppo caso all'uscita dell'autobiografia di Wolfgang Flür, ma in questo periodo di imbarazzante nostalgia (a fatica ho risparmiato una potenzialmente poco oggettiva recensione dei Nuoviedifici Checrollano live e oltretutto ho anche avuto modo di ricordarmi che la mia maglietta dei Bauhaus era rimasta ferita anni addietro in lavatrice, con rammarico) il richiamo, dicevo, dei robot non ha potuto che avere la meglio.
Con Autobahn in cuffia ho constatato che il libro-svago questa volta e' piu' che efficace, si ride un sacco. Io ero un Robot e' a forma di diario in cui sono mischiati i giorni presenti e questi ultimi sono decisamente entusiasmanti. Wolfgang scrive, giustamente, come chi non ha fatto altro che premere pulsanti tutta la vita. Abbondano i "Che bello!" e i "Come ero eccitato!" tanto che spesso e volentieri ci si dimentica che a scrivere sia un ultracinquantenne di Francoforte. Questo, assieme alle descrizioni dei cappotti e le scarpe di Ralf, del garage-prove con le crepe e dei marchingegni infernali autoassemblati al fine di produrre rumore, rende tutto particolarmente divertente tanto da far dimenticare la triste disputa.
La divisione a meta' della band, pero', e' tenuta chiara fin dall'inizio; Wolfie sembra ancora piuttosto arrabbiato per quando le edizioni musicali hanno portato Ralf e Florian in gioielleria ("mi sentii molto ferito dal fatto che si separassero dagli altri e ci mostrassero i loro regali preziosi in quel modo..") e per il fatto che lui e Karl siano stati "assunti" prima di Autobahn, solo per "riempire il palco". Da leggere sotto l'ombrellone, direi, o prima di addormentarsi che la quantita' esorbitante di aneddoti sull'anello mancante fra uomo e macchina libera dolcemente il sistema nervoso.


I miei amici sostenevano che la "la cosa migliore sarebbe la sparizione mitica del gruppo". Martin sognava un nostro volo su Marte con il primo space shuttle, come in effetti la Nasa ci aveva gia' invitato a fare, per tenere il primo concerto interplanetario. "Durante il viaggio nello spazio la sonda potrebbe incrociare il fascio di particelle di un'aurora boreale, interrompendo i collegamenti con l'astronave. I Kraftwerk atterreranno sul pianeta rosso o saranno risucchiati in un buco nero, con il loro nuovo sound della sfinge velata della gelida aurora boreale, un suono mai sentito prima d'ora"...D'altro canto, gli intellettuali di Colonia Ralph e Robert pensavano che un giorno Ralf e Florian avrebbero capito di aver logorato troppi musicisti. (...) Florian avrebbe viaggiato sotto le nuove spoglie di un predicatore tecnologico, mentre Ralf avrebbe continuato a sognare una fusione tra uomo e macchina, attraverso la Terra sopra una moto da corsa per essere il primo a scalare l'Everest con questo mezzo di trasporto. Ammettendo alla fine che non sarebbe mai diventato un unicum con la macchina, si sarebbe ritirato in un monastero tibetano. Intanto il "Quinto sistema" dei Kraftwerk, il "Kling Klang Reaktor", avrebbe iniziato a vivere di vita propria in preda alle passioni, fino a innescare una fusione e diventare un enorme ammasso incandescente per la cocente disperazione causata dalla propria incapacita' a liverarsi dei suoni. I robot si sarebbero affrancati lasciando perdere le futili schermaglie amorose. Per la rabbia di essere privi di organi sessuali, avrebbero spento il Kling Klang Reaktor, pero' troppo in in fretta e per giunta impacciati dal braccio meccanico e dalle protesi degli arti inferiori, premendo cosi' il pulsante sbagliato e autodistruggendosi tragicamente. Secondo Ralph e Robert, l'ammasso di apparecchi elettronici liquefatti era destinato a troneggiare come opera d'arte nel Ludwig Museum di Colonia come memento per chi e' arrivato troppo tardi...

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